sabato 9 febbraio 2013

Duquesne whistle


Duquesne whistle è una canzone atipica di Tempest per una serie di motivi. Il primo è che è l’unica il cui il coautore è Robert Hunter. Il secondo è quello della musica, insieme allegra e nostalgica.
Vi sono un sacco di Duquesne negli Stati Uniti, quello più grande sembra essere quello della Pennsylvania, mentre quello più suggestivo è un Duquesne, città fantasma oggi  abbandonata.
Quello che è citato nella canzone è però per me, dico per me che vivo in Italia e forse il  parere più autorevole potrebbe derivare da qualcuno che vive in quel territorio, è un Duquesne in Illinois, dico questo perché l’Illinois è molto vicino alla  città Natale di Dylan che nella canzone si chiede se verrà riconosciuto la prossima volta che vi metterà piede. Ho letto una volta di una signora a Duluth, sempre se la memoria non mi sfugge,  che gli vendette delle magliette di Bob Dylan  senza riconoscerlo subito.
Altro indizio è che nell’Illinois vi è una Carbondale (anche questo nome abbonda) abbastanza grande, il terzo indizio è una strana storia che ho recuperato (con un po’ di fortuna) su un fatto accaduto in un treno di Duquesne nel 1921 , Duquesne, Nel corso di una pioggia forte e di una tempesta un  fulmine ha colpito un passeggero del Illinois Central motore a  un miglio a sud di Pinckneyville e reso incosciente  l’ingegnere. Il treno correva a circa quaranta chilometri all'ora. L'ingegnere è caduto dal suo posto e così facendo ha causato l'apertura della valvola a farfalla. Il vigile del fuoco, illeso, ha preso il posto e ha portato il treno sotto controllo e, probabilmente, evitato uno scontro. ( New York Times, New York, NY 21 Nov 1921).
Questi indizi collegano anche il tema Tempesta alla canzone che non appartiene alla canzone omonima. Il quarto indizio è che Dylan, è da sempre interessato a leggere vecchi ritagli di giornali e di notizie d’epoca. Il mio indizio si perde un po’ non esendo risucito al momento a trovare la localizzazione precisa di Duquesne nell’Illinois.
Detto di questi indizi e collocato il tema del viaggio, il fatto che la canzone abbia un coautore rende più indecifrabile la parte proposta da Dylan. Sicuramente il tema è meno profondo e riappare quasi nella struttura del suo predecessore “Together through life” che quasi per intero (9 canzoni su dieci)  era composto assieme a Robert Hunter.
La musica domina l’aspetto principale della canzone in quanto l’apertura strumentale di una quarantina di secondi riporta a una atmosfera lontana, non a caso il primo che viene in mente è Jimmy Rodgers    the singing brakeman (il cantante frenatore) è anche qui ritorna il tema del treno. Fu proprio Dylan qualche anno fa a organizzare un disco tributo con le sue canzoni, cosa poi riservata solo a Hank Williams.
Detto questo il testo è incentrato su quello che è un viaggio del treno, è il treno che attraversa il paesaggio e le città e il protagonista sembra più uno spettatore che un viaggiatore, sia perché dice di fermarsi a Carbondale, sia perchè  quei riferimenti del sorriso dall’altra parte dello steccato, sia a quello dello svegliarsi nella stanza con la stessa donna sembrano un po’ allontanare la sensazione del treno che arriva alla propria città natale. In questo senso mi è apparsa un po’ azzardata l’ambientazione del video ufficiale che avviene nel mezzo della città. Una chiave di lettura del video è data dalla lettura del sogno che è l’unico momento in cui le proprie aspirazioni si realizzano e che rendono efficace la costanza del corteggiamento.
In ogni caso Duquesne whistle è un momento di nostalgia che introduce il disco verso tematiche più profonde che verranno proposte in seguito.

Vi è un riferimento religioso nella frase “I  can hear a sweet voice gently calling, Must be the Mother of Our Lord” e questa dolcezza della voce rimanda alla nuova dolcezza anche del suono del whistle legato alla presenza femminile  a bordo. Alla fine vi è la presenza del viaggio presente in tempest, un ritorno alla città come è presente in Scarlet town. 

 Duquesne whistle was the name of the largest blast furnace in the world, named the “Dorothy Six”, built in Duquesne, PA:


Duquesne whistle

testo di Bob Dylan e Robert Hunter


Listen to that Duquesne whistle blowing

Blowing like it's gonna sweep my world away

I'm gonna stop in Carbondale and keep on going

That Duquesne train gonna ride me night and day

You say I'm a gambler, you say I'm a pimp

But I ain't neither one

Listen to that Duquesne whistle blowing

Sounds like it's on a final run.

            

Listen to that Duquesne whistle blowing

Blowing like she never blowed before

Blue light blinking, red light glowing

Blowing like she's at my chamber door

    You're smiling through the fence at me

    Just like you've always smiled before

Listen to that Duquesne whistle blowing

Blowing like she ain't gonna blow no more.

               

Can't you hear that Duquesne whistle blowing

Blowing like the sky's gonna blow apart

You're the only thing alive that keeps me going

You're like a time-bomb in my heart

    I can hear a sweet voice gently calling

    Must be the Mother of Our Lord

Listen to that Duquesne whistle blowing

Blowing like my woman's on board.

               

Listen to that Duquesne whistle blowing

Blowing like it's gonna blow my blues away

You old rascal, I know exactly where you're going

I'll lead you there myself at the break of day

I wake up every morning with that woman in my bed

Everybody telling me she's gone to my head

Listen to that Duquesne whistle blowing

Blowing like it's gonna kill me dead.    

               

Can't you hear that Duquesne whistle blowing

Blowing through another no-good town

The lights of my native land are glowing

I wonder if they'll know me next time round

    I wonder if that old oak tree's still standing

    That old oak tree, the one we used to climb

Listen to that Duquesne whistle blowing

Blowing like she's blowing right on time.



Il fischio del Duquesne

trad. it. Francesco Alunni

Ascolta il fischio del treno di Duquesne,
fischia come se dovesse spazzare via il mio mondo.
Ho intenzione di fermarmi a Carbondale e proseguire il viaggio,
quel treno di Duquesne mi farà ballonzolare notte e giorno.
Dici che gioco d’azzardo, che sono un pappone
ma non faccio nulla di tutto ciò.

Ascolta il fischio del treno di Duquesne,
risuona come se fosse la sua ultima corsa.
Ascolta il fischio del treno di Duquesne,
fischia come mai ha fatto prima.
La luce blu lampeggia, quella rossa luccica,
fischia come se fosse alla porta della mia stanza.
Mi sorridi dall’altra parte dello steccato,
proprio come hai sempre sorriso in passato.

Ascolta il fischio del treno di Duquesne,
fischia come se non dovesse fischiare mai più.
Non senti il fischio del treno di Duquesne?
Fischia come se il cielo dovesse scoppiare in pezzi.
Sei tu l’unica cosa vivente che mi fa andare avanti,
sei come una bomba a orologeria nel mio cuore.
Mi sento chiamare lievemente da una voce soave,
dev’essere la madre di nostro Signore.
Ascolta il fischio del treno di Duquesne,
fischia come se la mia donna fosse a bordo.

Ascolta il fischio del treno di Duquesne,
fischia come se dovesse soffiare via la mia tristezza.
Vecchia canaglia, so esattamente dove stai andando,
ti ci porterò io stesso al sorgere del giorno.
Mi sveglio ogni mattina con quella donna nel letto,
tutti a dirmi che mi ha dato alla testa.
Ascolta il fischio del treno di Duquesne,
fischia come se dovesse farmi fuori.

Non senti il fischio del treno di Duquesne?
Fischia per un’altra spregevole città.
Luccicano le luci della mia terra natale,
chissà se mi riconosceranno la prossima volta,
chissà se c’è sempre quella vecchia quercia,
quella su cui eravamo soliti arrampicarci.
Ascolta il fischio del treno di Duquesne,
fischia come se dovesse spaccare il minuto.


TEMPEST E IL REVISIONISMO ARTISTICO


 Dylan è tornato sulla scena dell’arte contemporanea, con una personale alla  Gasonian Gallery di New York. Abbandonata per il momento la pittura, presenta delle serigrafie tratte da elementi di design popolare. Un lavoro di rivisitazione e campionamento  che utilizza riviste molto famose, per lo più opere di grandi dimensioni, che ri-contestualizzano copertine di riviste e elementi tipicamente pop.
L’anno scorso dopo aver visitato la Cina per una serie di concerti, Bob Dylan,  ha esposto una serie di quadri alla Gasonian Gallery di New York.
Le pitture di Dylan, aldilà dell’aspetto stilistico e artistico, erano intitolate “Asian Series” e si rifacevano in modo esplicito a vecchie fotografie di Henri Cartier-Bresson[1], Dmitri Kessel e Léon Busy [2]. La citazione del tutto evidente non ha mancato di costituire e suscitare scalpore. Già apparve strano che un musicista, cantautore,  scrittore, regista e poeta, si cimentasse nella pittura ma che, per aggiunta coinvolgesse nell’operazione un altro linguaggio artistico, come è la fotografia, apparve del tutto anomalo. Lo stesso autore non ha mancato di definire i quadri come il frutto delle proprie personali esperienze, senza rimandare agli autori originali, pur essendo gli ambienti ritratti vecchi di circa un secolo.
L’aneddoto è abbastanza curioso, non tanto per l’originalità della vicenda (quanti pittori dipingono ricavando il soggetto da una foto?), quanto piuttosto per l’utilizzo deliberato di fotografie famose come fonte ispirativa.
La visione di una foto che riporta uno spaccato di realtà di un tempo, può diventare ispirazione  parimenti a quella che per qualsiasi artista può arrivare dalla visione di un paesaggio reale.  Una foto è una esperienza che trascende, è soggetta a interpretazione dal fruitore che ne diventa coautore artistico.


Figura 1 - il dipinto e la foto originale di Leon Busy


Figura  2- la foto di Cartier Bresson e il quadro

Questa introduzione volutamente esterna a Tempest viene  proposta perché, pur non riguardando esplicitamente il tema delle canzoni, spiega in modo abbastanza definito quella che è la visione artistica che Bob Dylan sta in questi anni proponendo. Guccini in una recente intervista per il suo ultimo album ha dichiarato che è probabilmente l’ultimo perché è molto difficile trovare fonte di ispirazione nuove. Bob Dylan, In tempi non sospetti, siamo nel 1965 dichiara che “i grandi libri sono già stati scritti”, e adesso parimenti dichiara che l’ispirazione artistica in effetti può derivare dall’arte stessa. Così le pitture possono trarre ispirazione dalle fotografie e le copertine pubblicitarie delle riviste, proprio perché create per attrarre, per generare sentimento, fanno parte della cultura attuale e delle forme moderne di arte a cui attingere per poterle revisionare.     
Ovviamente Tempest è un lavoro che trae soprattutto ispirazione dalle canzoni, in particolare il folk in Scarlet Town, Tempest o Tin Angel, ma anche dal Blues in Narrow Way e Early Roman Kings. Per non parlare di Roll On John che è una specie di collage sotto forma di Elegia in cui oltre alle parole di Lennon vengono inserite quelle di Robert Johnson e del poeta Lord Byron.  
 Dylan di solito molto restio a rilasciare dichiarazioni si è dimostrato in questo caso molto esplicito “Eh, certo, nel folk e nel jazz la citazione e’ una tradizione florida e fertile. E’ assolutamente vero. E’ vero per tutti, non per me. Voglio dire, tutti lo possono fare, tranne me. Per me ci sono regole diverse. E se parliamo di Henry Timrod, beh, ne hai mai sentito parlare? Chi l’ha letto,  ultimamente? Chi l’ha portato alla ribalta? Chi te l’ha fatto leggere? Chiedi ai suoi eredi cosa ne pensano del casino che e’ nato. E se credi sia così tanto facile citarlo e che sia di aiuto per un tuo lavoro, fallo e vedi se vai distante. Sono sfigati senza palle quelli che si lamentano di queste cose. E’ una cosa vecchia che fa parte della tradizione; risale a molto tempo fa. Queste persone son le stesse che mi hanno affibbiato il nome di Giuda. Giuda a me, Giuda; il nome piu’ odiato nella storia dell’uomo! Se pensi di essere stato insultato, prova a pensare che ti venga detto quello che han detto a me. E poi, per cosa?Per aver suonato una chitarra elettrica? Come se farlo fosse paragonabile a tradire nostro Signore e consegnarlo perchè fosse crocifisso. Tutti quei maledetti figli di puttana devono marcire all’inferno”.
In questo modo credo che si possa dire che Dylan propone tra le fonti di ispirazione non solo le sue “personali esperienze vissute” ma anche le sue “personali esperienze di rivisitazione” delle proprie emozioni nel momento in cui diventa fruitore di un messaggio.
Il concetto dell’assimilazione è spiegato bene da Eliot che un giorno a un cronista che gli chiese conto della citazione di almeno una trentina di poeti nel poema “La terra desolata” rispose: "i poeti immaturi imitano, i poeti maturi rubano; quelli cattivi  deturpare e quelli buoni trasformano in qualcosa di migliore, o almeno diverso."[3]

Il filosofo Adorno ha teorizzato che l’opera d’arte diventa tale in quanto soggetta all’interpretazione: per ispirare si deve offrire la possibilità di ricreare e di fornire diverse chiavi di lettura Le opere d’arte e completamente quelle di suprema dignità, attendono la loro interpretazione. Se in esse non ci fosse niente da interpretare, se esse ci fossero e basta, la linea di demarcazione  dell’arte sarebbe cancellata[4].

L'arte non si può dunque spiegare ma si deve interpretare. La Sontag, critica e fotografa,  riprende il concetto affermando che il corollario di una spiegazione testuale a una immagine non avrebbe carattere esaustivo, ma anche una didascalia perfettamente esatta, sarebbe solo una possibile interpretazione. Se, come afferma la Sontag una qualsiasi descrizione può solo fornire una delle possibili spiegazioni, potremmo paradossalmente concludere che anche l’artista potrebbe solo offrire una interpretazione della sua opera non potendo che spiegarne una sua possibile visione.
Ernst Kris, psicanalista e critico artistico del secolo scorso,  parla di un momento successivo alla contemplazione, ovvero il processo di ricreazione dell’opera d’arte da parte del fruitore, attuata attraverso uno spostamento dei processi psichici con il sovrappiù della funzione critica subentrante, che permette allo spettatore di elaborare non più solo esteticamente, bensì teoreticamente e concettualmente l’opera d’arte di fronte a cui si pone.[5] 
L’aforismo dello scrittore austriaco Karl Kraus che “recita artista è soltanto chi sa fare della soluzione un enigma” è in questa linea di tendenza. L’enigma è qualcosa che ci pone nella condizione di pensare, di elaborare delle congetture, di ricreare una verità parziale sulla base delle nostre conoscenze.
 T.S. Eliot considera la necessità di un poeta di essere parte di un sistema evolutivo, la sua analisi è simile a quella che abbiamo visto per la musica quando afferma che "il senso storico costringe un uomo a scrivere non solo con la sua generazione nelle ossa, ma con la sensazione che l'intera letteratura europea, da Omero e in essa tutta la letteratura del suo paese, abbia un'esistenza simultanea e compone un ordine simultaneo.[6]
Sempre Dylan risponde con parole che potremmo definire simili: Penso davvero di aver portato la cosa ad un altro livello perche’ ho dovuto farlo. Perche’ sono stato obbligato a farlo.
Devi ridare forma alle cose in continuazione perche’ tutto continua ad espandersi intorno a te. La vita ha il suo modo di diffondersi. E’ nella natura dell’esistenza. Niente resta a lungo dov’è. Gli alberi crescono, le foglie cadono, i fiumi inaridiscono e i fiori muoiono. Persone nuove nascono ogni giorno. La vita non si ferma.
L a mia chiamata non è diversa da quella di chiunque altro. Alcuni son chiamati ad essere buoni marinai, altri ad essere buoni contadini, altri ad essere buoni amici. Devi dare il meglio in qualsiasi cosa tu sia chiamato, qualsiasi cosa tu debba fare. Devi essere il migliore nel tuo campo, devi perfezionarti. E’ una questione di fiducia nei propri mezzi, non e’ arroganza. Devi sapere che sei il migliore, che gli altri te lo dicano o no. E che tu resterai, in un modo o nell’altro, più a lungo di chiunque altro. Da qualche parte che devi trovare dentro di te, devi credere che sia così.
il linguaggio biblico fornisce ancora ispirazione alle  mie canzoni, certo, che altro ci potrebbe essere. Credo nell’Apocalisse. Credo nella Rivelazione, no? C’e’ della verita’ in tutti i libri, in un qualche modo. Confucio, Sun Tzu, Marco Aurelio, il Corano, la Torah, il Nuovo Testamento, i sutra Buddisti, il Bahagavad-Gita, il Libro dei Morti egiziano e migliaia d’altri. Non si può vivere senza leggere dei libri[7]
Tempest dunque in modo molto esplicito trae ispirazione anche dalla musica, oltre che del teatro, dalla Bibbia e dalla narrativa.
Dunque perché Tempest. La prima considerazione è perché vi è una canzone che si intitola Tempest al proprio interno. La cosa non è molto scontata perché Dylan non utilizzava il titolo di una canzone per dar nome a un album di canzoni sue (vi è l’eccezione di world gone wrong)  da circa una trentina d’anni in cui tutti i dischi del cosiddetto periodo religioso da  Slow train (per la verità con coming del disco) a Saved e  Shot of Love riprendono una title track.

E’ già comunque abbastanza difficile capire perché la canzone si chiami Tempest, visto che il Titanic non è affondato a causa di una tempesta.
Alla domanda se Tempest si debba collegare in qualche modo a The Tempest di Shakespeare che è l’ultima opera che lui scrisse singolarmente, Dylan ha risposto che sono già due cose diverse nel titolo. Le immagini che possiamo però ricavare dalle rappresentazioni del dramma di Shakespeare ci introducono comunque sul episodio di una nave che sta affondando.
La tempesta (The Tempest) è una commedia teatrale in cinque atti scritta tra il 1610 e il 1611
Il dramma, ambientato su di un'isola imprecisata del Mediterraneo racconta la vicenda dell'esiliato Prospero, il vero duca di Milano, che trama per riportare sua figlia Miranda al posto che le spetta, utilizzando illusioni e manipolazioni magiche. Mentre suo fratello Antonio e il suo complice, il Re di Napoli Alonso stanno navigando per il mare, in ritorno da Cartagine, il mago invoca una tempesta, che rovescia gli incolumi passeggeri sull'isola. Attraverso la magia e con l'aiuto del suo servo Ariel, uno spirito dell'aria, Prospero riesce a tirare fuori la natura bassa di Antonio, a redimere il Re e a far innamorare e sposare sua figlia con il principe di Napoli Ferdinando. La narrazione è tutta incentrata sulla figura di Prospero il quale, con la sua arte, tesse delle trame in cui costringe gli altri personaggi a muoversi.
Si è voluto vedere anche un riferimento di Prospero al teatro quando questi dichiara che il mondo intero è un'illusione (il grande globo si dissolverà come questa cerimonia inconsistente). Molti critici hanno visto questa costante allusione al teatro come un'indicazione che Prospero dovesse rappresentare Shakespeare stesso: la rinuncia alla magia del personaggio, quindi, simboleggerebbe l'addio alle scene di Shakespeare. In quest'ottica, Prospero è visto come una reincarnazione (l'ultima e più grande) della maschera di Amleto, colui che mette in scena la sua vendetta anziché eseguirla.

Dylan: Tempest e’ stato come tutti gli altri: le canzoni son venute da sole.
Non e’ l’album che volevo fare, pero’. Ne avevo uno diverso in mente. Volevo fare qualcosa di piu’ religioso. Ma ci vuole molta piu’ concentrazione (ad andare a segno dieci volte con lo stesso tema) di quanta ce ne voglia a fare un disco come quello che ho finito per fare; dove tutto scorre e devi solo fidarti del fatto che tutto insieme possa avere una logica.
Io credo che in qualche modo come Modern Times possa essere letto come un omaggio nel titolo a Chaplin anche Tempest possa avere affinità con Shakespeare, entrambi infatti fanno parte del patrimonio letterario  a cui Dylan attinge. Che sia la stessa cosa poi no, come è già stato detto vi è in definitiva sempre una reinterpretazione.









[1] For Henri Cartier-Bresson, human life is a precarious balancing act between two worlds: the one inside us and the one outside. And his photographs, he says, are instant drawings of that act, no more, no less. Which is why, all these years later, his work still bursts with a vitality and visual honesty that are so lacking in today's mannered style
[3]          Galenson, D., Bob Dylan's Not Really a Plagiarist (He's a Conceptual Artist)  citato  in Url http://www.huffingtonpost.com/david-galenson/bob-dylans-not-really-a-p_b_888623.html
[4]          Baricco, A., L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin, una riflessione su musica colta e modernità” Feltrinelli, 2009, pag. 27  
[5]             Caporossi S., Il surrealismo e la psicanalisi della produzione e della fruizione artistica secondo Kris e Gombrich https://criticaimpura.wordpress.com/tag/sigmund-freud/
[6]          Galenson, D., Bob Dylan's Not Really a Plagiarist (He's a Conceptual Artist) in URL (http://www.huffingtonpost.com/david-galenson/bob-dylans-not-really-a-p_b_888623.html)
[7] Bob Dylan Rolling stone interview 2012

domenica 18 novembre 2012

Soon after midnight


Soon after midnight (Presto dopo mezzanotte)

Il giorno inizia. Non è tardi dopo mezzanotte, è presto dopo la mezzanotte e il giorno inizia non con la luce del sole ma con  la prima ora del giorno,   con il buio della notte e con la luce della luna, è un concetto un po’ diverso rispetto alle condizioni fisiologiche a cui siamo abituati normalmente.
La vita inizia  con la notte, con il buio, il tempo è adesso o non è mai (now or never) , è più che mai,(more than ever) ,  come se questa dimensione non potesse effettivamente appartenere alle nostre cognizioni del tempo e che l’evento non appartenesse al momento ma alla vita stessa. C’è un'altra frase che possiamo accostare a queste percezioni, quella  che dice Well, the future for me is already a thing of the past in bye and bye, è sempre un gioco che toglie dimensione al tempo. Tutto accade in quanto ci accade e accade a noi. Questo è dentro di noi e se è dentro di noi non ha importanza quando questo ci accade perché questo è quello che siamo.  L’inizio mi ricorda vagamente quello di Hang On, di Isobel Campbell ma rimanda certamente a una atmosfera anni 50.
Anche qui, come in altre canzoni, mi vengono in mente in ordine sparso, Covenant woman, Shelter form the storm e In the Summertime,  vi è un riferimento che ci spiazza tra il religioso e il sentimento di amore e le due cose sembrano confondersi,  sono in cerca di frasi per cantare le tue preghiere (che viene tradotto lodi perché ci sta in entrambe le componenti) e c’è sempre la componente tra il reale e il sogno in cui il sogno diventa realtà “ho un appuntamento con la regina delle fate”.
Una delle componenti di Tempest è comunque il colore il senso della sceneggiatura che coinvolge la scena la prostituta è vestita di rosso e l’altra è vestita di verde, mi sembra evidente come i colori rimandino a una forte impressione scenica e simbolica, frutto probabilmente delle letture teatrali che accompagnano Dylan.
Trovo interessante il legame  tra l’occhio e la luna, la luna è nei miei occhi, molto simile come citazione a quella famosa di Sad eyed lady, Into your eyes where the moonlight swims. La luna è in fondo qualcosa che possiamo guardare, a differenza del sole e di cui il nostro sguardo si appropria, cioè diventa parte del nostro interiore.


Soon After Midnight
Written by Bob Dylan 
  
 I'm searching for phrases
 To sing your praises.
 I need to tell someone.
 It's soon after midnight,
 And my day has just begun
       
A gal named Honey
Took my money
She was passing by.
It's soon after midnight,
And the moon is in my eye
       
My heart is cheerful.
It's never fearful.
I've been down on the killing floors.
I'm in no great hurry,
I'm not afraid of your fury.
I've faced stronger walls than yours.
       
Charlotte's a harlot,.
Dresses in scarlet.
Mary dresses in green.
It's soon after midnight,
And I've got a date with the fairy queen.
       
They chirp and they chatter,
What does it matter?
They're lying and dying in their blood.
Two-timing Slim,
Who's every heard of him?
I'll drag his corpse through the mud.
       
It's now or never
More than ever.

When I met you, I didn't think you would do
Its soon after midnight,
And I don't want nobody but you.
       
Poco dopo mezzanotte
trad. it. Francesco Alunni

Sono alla ricerca di frasi
per cantare le tue lodi,
devo dirlo a qualcuno.
È poco dopo mezzanotte
e il mio giorno è appena cominciato.
Una ragazza chiamata Tesoro
si è presa il mio denaro,
passava di qua.
È poco dopo mezzanotte
e ho la luna negli occhi.
Il mio cuore è allegro,
mai timoroso,
più volte sono stato con la testa nella ghigliottina.
Non ho una gran fretta,
la tua furia non mi spaventa,
ho fronteggiato mura più salde delle tue.
Charlotte è una prostituta,
si veste di scarlatto,
Mary si veste di verde.
È poco dopo mezzanotte
e ho un appuntamento con la regina delle fate.
Cicalano e ciarlano
ma cosa importa?
Stanno distesi e muoiono nel loro sangue.
Slim il traditore,
chi mai ne hai sentito parlare?
Trascinerò il suo cadavere nel fango.
È ora o mai
più di sempre.
Quando ti ho incontrata non pensavo saresti andata bene.
È poco dopo mezzanotte
e non voglio altra che te.


domenica 28 ottobre 2012

Tempest


Prima ancora di leggere il testo, primo ancora di definirne il mio pensiero leggevo commenti sulla canzone Tempest. Per molti Tempest è una canzone troppo lunga e ripetitiva. Il mio commento è sempre stato diverso. Se Tempest ha un difetto è quella di essere forse troppo corta,  lo stesso dicasi per Tin Angel ad esempio. Qualcuno sorriderà ma provi ad immaginare Tin Angel con un intermezzo di armonica nel penultimo verso e uno nel finale come avveniva nella struttura delle canzoni folk che componeva un tempo. Sfido qualcuno a dirmi che la canzone non sarebbe stata migliore. Altre invece sono lunghe a sufficienza.
In questo caso il commento di Marcus mi sembra il più appropriato “Giunti al sesto o settimo minuto (ne dura quattordici) si può pensare di uscire a prendere una boccata d’aria o di farsi un caffè, tanto al ritorno la canzone non sarà ancora finita, ma se dopo la metà si comincia ad ascoltarla attentamente ci si accorge che qualcosa è successo, che quello che sembrava il racconto di un naufragio avvenuto cent’anni fa in realtà è una battaglia senza quartiere che si sta svolgendo adesso, qui ed ora, per il possesso delle anime di ogni personaggio menzionato nella canzone, e che il culmine della narrazione, il suo momento più intenso, è raggiunto alla terza comparsa della sentinella dormiente, il “watchman” che sta sognando che il Titanic sta affondando, e nel sogno vorrebbe dirlo a qualcuno (“He dreamed the Titanic was sinking, and he tried to tell someone”).
In realtà dire che Tempest è troppo lunga è come dire che “Guerra e pace” o i “Fratelli Karamazov” sono lunghi. Il respiro e la dimensione del racconto conferiscono senso alla struttura in questo  ritornare compiuto della storia. Non trovo poi del tutto pertinente il fatto che Dylan racconti soltanto la storia del Titanic a cento anni di distanza chiedendo che scriva  o descriva qualcosa di più attuale, avrebbe potuto ambientarla nel crollo delle due torri cambiando soltanto qualche dettaglio, ma il senso quello delle disgrazia, del destino che restringendosi attorno a una umanità che viene contemporaneamente sommersa è  simile.   Le due torri crollano portandosi dietro una miriade di storie scritte forse nel libro dell’Apocalisse e in fondo  non sembra molto diversa dalla conclusione di Tempest in cui quando la Morte ebbe mietuto le sue vittime, milleseicento avevano raggiunto l’eterno riposo, i buoni, i cattivi, i ricchi, i poveri, i più incantevoli e i migliori. Che Attesero all’approdo e provarono a capire, ma non c’è alcuna comprensione del giudizio della mano di Dio.
Per questo dire che in Tempest Dylan parli del Titanic mi sembra francamente riduttivo. Il primo indizio (si sa per chi ascolta Dylan gli indizi sono importanti) è che la tempesta non ha alcuna attinenza con l’affondamento del Titanic in quanto avvenne a causa dello scontro con un Iceberb in una notte di mare relativamente tranquillo.  La Tempesta va letta  con un significato a mio parere più interiore e Dylan stesso ha sottolineato come il titolo abbia una sua importanza, quando ha dichiarato affrancandosi da Shakespeare che non è “La tempesta” ma “Tempesta”. Può anche sembrare un dettaglio ma  evidenzia comunque a mio parere di come voglia parlare di una cosa diversa.
Dylan in questo modo attualizza la storia togliendola dal contesto e andando a analizzare, tramite una serie di abbozzi descrittivi,   il modo di reagire dell’animo umano, davanti proprio alla possibilità di incomprensione del destino.
Carrera non a caso la definisce come la più perfetta canzone di Dylan. Ci dice ad esempio di ascoltare le parole “saw the changing of his world” - “vide come mutava il suo mondo” - il modo in cui Dylan cambia la melodia; di pochissimo, ma dando tutt’altro respiro al verso.
In realtà Carrera oltre a questo evidenzia, a mio avviso in modo molto pertinente la figura della vedetta. La vedetta ha qui un sapore quasi evangelico, quello stare in guardia che ritorna portato fuori quasi dallo scrutare l’orizzonte di All along the watchtower  e che sembra aprire una breccia su quel libro della Rivelazione (o Apocalisse) che tradotto così mi sembra però molto più evocativo di qualcosa che viene rivelato o disvelato al mondo sul senso del destino.  Eppure questa vedetta, il cui compito sembra quello di scrutare, di osservare,  è presente con l’ostinazione del sogno. Non è la realtà materiale di cui si accorge ma è la sua premonizione, basta provare ad accostare le 4 strofe  che si ripetono con una ciclicità  non definita delle 45 strofe che compongono la canzone  (la 6°, 17°, 38° e 45°).

La vedetta era stesa a sognare,
mentre si danzava vorticosamente nel salone da ballo,
sognò che il Titanic stesse affondando
giù negli inferi.

La vedetta era là stesa a sognare,
a un’inclinazione di quarantacinque gradi,
sognò che il Titanic stesse affondando
cadendo in ginocchio.

La vedetta era stesa a sognare,
il danno era stato fatto,
sognò che il Titanic stesse affondando
e cercò di dirlo a qualcuno.

La vedetta era stesa a sognare
tutto ciò che potrebbe mai essere,
sognò che il Titanic stesse affondando
nel profondo mare blu.
La cosa più interessante è che, per la vedetta, la realtà è il sogno che si realizza,  ed è questa la magia che colpisce Dylan mutuandola dalla Carter Family, non a caso ripresa da Carrera: Chiunque pensi che Dylan stia semplicemente riscrivendo (o magari plagiando) vecchie canzoni dovrebbe fermarsi un momento a considerare come le sta riscrivendo (o come lui stesso forse direbbe, “trasfigurando”). Pare che sia stato Virgilio (anche lui accusato di plagio) a dire: “È più facile rubare la clava dalle mani di Ercole che un verso a Omero”.
Nelle varie descrizioni che si possono scoprire e che segnano questa parte del destino che accomuna le persone trovo quella di Leo in cui l’uomo gira con il suo quaderno di ritratti (ricordate Highlands?)  che presenta una certa affinità con la descrizione di Simple twist of fate  “Cupido lo colpì al petto, e vi aprì una ferita con uno schiocco, così cadde tra le braccia della donna a lui più vicina. Sentì un fragoroso frastuono, qualcosa suonò male, il suo spirito interiore gli diceva che non sarebbe potuto restare lì per molto. (Tempest) e   lei guardò verso di lui e lui sentì un brivido percorrergli le ossa. Fu allora che si sentì solo e desiderò di aver proseguito dritto ed aspettò un semplice scherzo del destino (Simple twist of fate). Leo  illustra anche il senso della storia e se vogliamo il revisionismo artistico. A parte la rima con Cleo che è  così assurda da apparire geniale, Dylan inserisce nel Titanic il nome dell’attore Di Caprio, inserendo con questo deliberatamente una sottolineatura che la storia ha portato con sè. Il mondo attuale nel pensare al Titanic è certamente influenzato dalla visione del film di Cameron che ne ha offerto una propria rilettura. Il nostro pensiero odierno, il nostro riguardare alla tragedia si inserisce certamente in questa dinamica e Dylan ha volutamente inserito l’attore piuttosto che il personaggio che egli stesso personifica nel film perché altrimenti sarebbe soltanto una rivisitazione storica, mentre il nostro guardare in senso artistico alla tragedia è mutato.  Tempest è il nostro sguardo di oggi al Titanic, ma qui la tragedia è forse più umana, vi è forse il guardare alla morte con le preoccupazioni della vita, in un distacco quasi paradossale, pretendendo che lo show continui, così è per l’orchestra che continua a suonare (cosa che accadde realmente), ma anche per i giocatori di carte che continuano a giocare o per le signore che saltano nell’acqua assieme alle figlie volendo sottolineare ancora il tema della necessità dell’eleganza e del rispetto delle regole, oppure il momento di vita per l’esistenza annoiata del ricco uomo d’affari.
La canzone di riferimento di Tempest è comunque per me Desolation row , gli abitanti del Titanic sembrano in qualche modo legati ai personaggi di Desolation Row, rivedo  Ofelia nelle madri e figlie che saltano nelle acque gelide, rivedo al descrizione del Titanic che salpa all'alba  e tutti stanno gridando  "Da che parte stai?"  e rivedo lo scherno verso i poeti visionari nella vedetta in Ezra Pound e T. S. Eliot  che combattono nella torre di comando,  mentre cantanti di calipso li deridono  ( i giocatori di carte e l’orchestra che continuano la loro attività in Tempest )  mentre i  pescatori porgono fiori tra le finestre del mare, dove amabili sirene nuotano e nessuno mai pensa troppo al vicolo della desolazione. In questo pensiero finale proprio nel non pensare proprio al destino, all’espiazione possiamo quasi ritrovare una chiave di lettura di Desolation Row che all’epoca era ermeticamente più chiusa nel suo significato. In questo scendere nel luogo del destino vi è il cammino che conduce alla realtà dipinta dal sogno. Anche in Tempest vi è l’immagine dei fiori che, in questo caso, perdono i propri petali in questo progressivo distacco dalla vita in una delicata visione dell’evolversi della sofferenza umana. 
Commenti vari
La Carter Family era conosciuta, ai miei tempi, e la citazione di quella loro canzone è chiaramente un omaggio. Ma Bob si è chiaramente lasciato prendere la mano. Ha dilatato all'infinito il racconto, usando la descrittività della folk ballad come una cinepresa che, in un unico piano-sequenza, mostra tutto quello che si può mostrare. Sale, scende, apre le porte e spia dagli oblò. E trova tutti, immancabilmente, anche chi non c'era, ma ci deve essere per forza (Leonardo di Caprio). Tutto accade adesso, contemporaneamente. Non ci sono cause, non ci sono spiegazioni, è la volontà di Dio. E' simile a Desolation Row, ma forse è molto più affollata, più simile al Giudizio Universale, ma non serve a niente leggere il Libro delle Rivelazioni. Si badi bene al titolo: non è più un naufragio (come in effetti è stato), cioè un fatto umano e come tale spiegabile e investigabile, è una tempesta, ovvero un fatto naturale, inscritto nell'ordine dell'universo, e per questo descrivibile, certo, ma le cui cause stanno del tutto al di fuori dell'intelligibilità umana. (Bruno Sansonetti)
 


Tempesta
testo di Bob Dylan
trad. it. Francesco Alunni

La pallida luna si levò col suo splendore
su una città dell’ovest,
lei raccontò la triste triste storia
della grande nave che si inabissò.
Era il quattordici di aprile
e solcava le onde
navigando incontro al domani
verso una preannunciata età dell’oro.
La notte era luminosa del chiarore stellare,
i mari nitidi e limpidi,
in viaggio tra le ombre
l’ora promessa era vicina.
Le luci si mantenevano stabili
mentre scivolava sulla spuma,
tutti i signori e le signore
diretti alla loro eterna dimora.
I lampadari ondeggiavano
dalla balaustrata in alto,
l’orchestra suonava
canzoni d’amore svanito.
La vedetta era stesa a sognare,
mentre si danzava vorticosamente nel salone da ballo,
sognò che il Titanic stesse affondando
giù negli inferi.
Leo prese il suo blocco da disegno,
aveva spesso quest’inclinazione,
chiuse gli occhi e dipinse
la scena della sua mente.
Cupido lo colpì al petto
e vi aprì una ferita con uno schiocco,
così cadde tra le braccia
della donna a lui più vicina.
Sentì un fragoroso frastuono,
qualcosa suonò male,
il suo spirito interiore gli diceva
che non sarebbe potuto restare lì per molto.
Barcollò fino al cassero,
ora non era tempo di dormire,
l’acqua sul cassero
già era alta più di un metro.
La ciminiera pendeva di lato,
cominciò uno scalpiccio di passi pesanti,
Leo entrò nel turbine,
il cielo si squarciava tutt’intorno.
La nave colava a picco,
l’universo si era spalancato,
lassù ci fu un appello,
gli angeli si voltarono dall’altra parte.
Le luci nel corridoio
tremolavano fioche e incerte,
corpi morti già galleggiavano
nel doppio fondo della chiglia.
Quindi i motori esplosero,
le eliche non riuscirono ad avviarsi,
le caldaie divennero sovraccariche,
la prua della nave si spezzò.
Passeggeri volavano
all’indietro, in avanti, lontani e veloci:
farfugliarono, annasparono e caddero,
ognuno più esausto del precedente.
Il velo si squarciò di netto,
tra l’ora di mezzanotte e l’una,
nessun cambiamento, nessun improvviso miracolo,
avrebbe potuto annullare quanto successo.
La vedetta era là stesa a sognare,
a un’inclinazione di quarantacinque gradi,
sognò che il Titanic stesse affondando
cadendo in ginocchio.
Wellington stava dormendo,
il suo letto cominciò a scivolare,
pulsava il suo intrepido cuore,
spinse i tavoli di lato.
La cristalleria in frantumi
era sparsa da tutte le parti,
lui si allacciò entrambe le pistole,
quanto avrebbe potuto resistere?
I suoi uomini e compagni
non si vedevano da nessuna parte,
là in silenzio attese
che tempo e spazio intervenissero.
Il corridoio era stretto,
c’era nerume nell’aria,
vide ogni tipo di dolore,
udì voci dappertutto.
I campanelli d’allarme risuonavano
per trattenere la marea che montava,
amici e innamorati si aggrappavano
l’uno all’altro, fianco a fianco.
Le madri e le loro figlie
mentre discendevano le scale
saltarono nelle acque gelide,
amore e pietà innalzarono le loro preghiere.
Il ricco, il signor Astor,
baciò l’amata moglie,
non aveva modo di supporre
che sarebbe stato il suo ultimo viaggio.
Calvin, Blake e Wilson
giocarono nell’oscurità,
nessuno di loro sarebbe sopravvissuto
per raccontare la storia dello sbarco.
Fratello insorse contro fratello
in ogni circostanza,
si scontrarono e si massacrarono l’un l’altro
in una danza mortifera.
Calarono le lance di salvataggio
dal relitto che colava a picco,
c’erano traditori e opportunisti,
schiene spezzate e colli spezzati.
Il vescovo lasciò la sua cabina
per soccorrere i bisognosi,
rivolse gli occhi al cielo,
disse: «spetta a Te sostentare i poveri».
Davey, il proprietario del bordello,
uscì e congedò le sue ragazze,
vide che l’acqua saliva,
vide come mutava il suo mondo.
Jim Dandy sorrise,
non aveva mai imparato a nuotare,
vide il bambinello storpio
e lasciò a lui il suo posto.
Vide il chiarore stellare splendere
come un torrente dall’Oriente,
la morte stava infuriando
ma ora in pace era il suo cuore.
Chiusero con serrette i boccaporti
ma i boccaporti non potevano reggere,
affogarono sullo scalone
d’ottone e oro lustro.
Leo disse a Cleo:
«mi sembra di impazzire»,
ma aveva già perso il senno,
qualunque senno avesse mai avuto.
Cercò di bloccare un passaggio
per salvare quelli in pericolo,
il sangue da una ferita aperta
gli fluiva copioso lungo il braccio.
I petali caddero dai fiori,
tutti fino all’ultimo,
nelle lunghe ore tremende
la maledizione dello stregone continuò il suo effetto.
Il maître versava del brandy,
affondava lentamente,
rimase fino alla fine,
fu l’ultimo ad andarsene.
C’erano molti e molti altri
ignoti da qui all’eternità,
mai avevano solcato l’oceano
o lasciato in precedenza le loro case.
La vedetta era stesa a sognare,
il danno era stato fatto,
sognò che il Titanic stesse affondando
e cercò di dirlo a qualcuno.
Il capitano, respirando a malapena,
era inginocchiato al timone,
sopra e sotto di lui
cinquantamila tonnellate d’acciaio.
Esaminò attentamente la bussola,
fissò lo sguardo sul quadrante:
l’ago puntava in basso,
capì d’aver perso la corsa.
Nella scarsa illuminazione
ricordò gli anni passati,
lesse l’Apocalisse
e riempì di lacrime il suo calice.
Quando la Morte ebbe mietuto le sue vittime
milleseicento avevano raggiunto l’eterno riposo,
i buoni, i cattivi, i ricchi, i poveri,
i più incantevoli e i migliori.
Attesero all’approdo
e provarono a capire,
ma non c’è alcuna comprensione
del giudizio della mano di Dio.
La notizia giunse via telegrafo
e colpì con forza micidiale,
l’amore aveva perso tutto il suo ardore,
ogni cosa aveva seguito il suo corso.
La vedetta era stesa a sognare
tutto ciò che potrebbe mai essere,
sognò che il Titanic stesse affondando
nel profondo mare blu.