sabato 9 febbraio 2013

TEMPEST E IL REVISIONISMO ARTISTICO


 Dylan è tornato sulla scena dell’arte contemporanea, con una personale alla  Gasonian Gallery di New York. Abbandonata per il momento la pittura, presenta delle serigrafie tratte da elementi di design popolare. Un lavoro di rivisitazione e campionamento  che utilizza riviste molto famose, per lo più opere di grandi dimensioni, che ri-contestualizzano copertine di riviste e elementi tipicamente pop.
L’anno scorso dopo aver visitato la Cina per una serie di concerti, Bob Dylan,  ha esposto una serie di quadri alla Gasonian Gallery di New York.
Le pitture di Dylan, aldilà dell’aspetto stilistico e artistico, erano intitolate “Asian Series” e si rifacevano in modo esplicito a vecchie fotografie di Henri Cartier-Bresson[1], Dmitri Kessel e Léon Busy [2]. La citazione del tutto evidente non ha mancato di costituire e suscitare scalpore. Già apparve strano che un musicista, cantautore,  scrittore, regista e poeta, si cimentasse nella pittura ma che, per aggiunta coinvolgesse nell’operazione un altro linguaggio artistico, come è la fotografia, apparve del tutto anomalo. Lo stesso autore non ha mancato di definire i quadri come il frutto delle proprie personali esperienze, senza rimandare agli autori originali, pur essendo gli ambienti ritratti vecchi di circa un secolo.
L’aneddoto è abbastanza curioso, non tanto per l’originalità della vicenda (quanti pittori dipingono ricavando il soggetto da una foto?), quanto piuttosto per l’utilizzo deliberato di fotografie famose come fonte ispirativa.
La visione di una foto che riporta uno spaccato di realtà di un tempo, può diventare ispirazione  parimenti a quella che per qualsiasi artista può arrivare dalla visione di un paesaggio reale.  Una foto è una esperienza che trascende, è soggetta a interpretazione dal fruitore che ne diventa coautore artistico.


Figura 1 - il dipinto e la foto originale di Leon Busy


Figura  2- la foto di Cartier Bresson e il quadro

Questa introduzione volutamente esterna a Tempest viene  proposta perché, pur non riguardando esplicitamente il tema delle canzoni, spiega in modo abbastanza definito quella che è la visione artistica che Bob Dylan sta in questi anni proponendo. Guccini in una recente intervista per il suo ultimo album ha dichiarato che è probabilmente l’ultimo perché è molto difficile trovare fonte di ispirazione nuove. Bob Dylan, In tempi non sospetti, siamo nel 1965 dichiara che “i grandi libri sono già stati scritti”, e adesso parimenti dichiara che l’ispirazione artistica in effetti può derivare dall’arte stessa. Così le pitture possono trarre ispirazione dalle fotografie e le copertine pubblicitarie delle riviste, proprio perché create per attrarre, per generare sentimento, fanno parte della cultura attuale e delle forme moderne di arte a cui attingere per poterle revisionare.     
Ovviamente Tempest è un lavoro che trae soprattutto ispirazione dalle canzoni, in particolare il folk in Scarlet Town, Tempest o Tin Angel, ma anche dal Blues in Narrow Way e Early Roman Kings. Per non parlare di Roll On John che è una specie di collage sotto forma di Elegia in cui oltre alle parole di Lennon vengono inserite quelle di Robert Johnson e del poeta Lord Byron.  
 Dylan di solito molto restio a rilasciare dichiarazioni si è dimostrato in questo caso molto esplicito “Eh, certo, nel folk e nel jazz la citazione e’ una tradizione florida e fertile. E’ assolutamente vero. E’ vero per tutti, non per me. Voglio dire, tutti lo possono fare, tranne me. Per me ci sono regole diverse. E se parliamo di Henry Timrod, beh, ne hai mai sentito parlare? Chi l’ha letto,  ultimamente? Chi l’ha portato alla ribalta? Chi te l’ha fatto leggere? Chiedi ai suoi eredi cosa ne pensano del casino che e’ nato. E se credi sia così tanto facile citarlo e che sia di aiuto per un tuo lavoro, fallo e vedi se vai distante. Sono sfigati senza palle quelli che si lamentano di queste cose. E’ una cosa vecchia che fa parte della tradizione; risale a molto tempo fa. Queste persone son le stesse che mi hanno affibbiato il nome di Giuda. Giuda a me, Giuda; il nome piu’ odiato nella storia dell’uomo! Se pensi di essere stato insultato, prova a pensare che ti venga detto quello che han detto a me. E poi, per cosa?Per aver suonato una chitarra elettrica? Come se farlo fosse paragonabile a tradire nostro Signore e consegnarlo perchè fosse crocifisso. Tutti quei maledetti figli di puttana devono marcire all’inferno”.
In questo modo credo che si possa dire che Dylan propone tra le fonti di ispirazione non solo le sue “personali esperienze vissute” ma anche le sue “personali esperienze di rivisitazione” delle proprie emozioni nel momento in cui diventa fruitore di un messaggio.
Il concetto dell’assimilazione è spiegato bene da Eliot che un giorno a un cronista che gli chiese conto della citazione di almeno una trentina di poeti nel poema “La terra desolata” rispose: "i poeti immaturi imitano, i poeti maturi rubano; quelli cattivi  deturpare e quelli buoni trasformano in qualcosa di migliore, o almeno diverso."[3]

Il filosofo Adorno ha teorizzato che l’opera d’arte diventa tale in quanto soggetta all’interpretazione: per ispirare si deve offrire la possibilità di ricreare e di fornire diverse chiavi di lettura Le opere d’arte e completamente quelle di suprema dignità, attendono la loro interpretazione. Se in esse non ci fosse niente da interpretare, se esse ci fossero e basta, la linea di demarcazione  dell’arte sarebbe cancellata[4].

L'arte non si può dunque spiegare ma si deve interpretare. La Sontag, critica e fotografa,  riprende il concetto affermando che il corollario di una spiegazione testuale a una immagine non avrebbe carattere esaustivo, ma anche una didascalia perfettamente esatta, sarebbe solo una possibile interpretazione. Se, come afferma la Sontag una qualsiasi descrizione può solo fornire una delle possibili spiegazioni, potremmo paradossalmente concludere che anche l’artista potrebbe solo offrire una interpretazione della sua opera non potendo che spiegarne una sua possibile visione.
Ernst Kris, psicanalista e critico artistico del secolo scorso,  parla di un momento successivo alla contemplazione, ovvero il processo di ricreazione dell’opera d’arte da parte del fruitore, attuata attraverso uno spostamento dei processi psichici con il sovrappiù della funzione critica subentrante, che permette allo spettatore di elaborare non più solo esteticamente, bensì teoreticamente e concettualmente l’opera d’arte di fronte a cui si pone.[5] 
L’aforismo dello scrittore austriaco Karl Kraus che “recita artista è soltanto chi sa fare della soluzione un enigma” è in questa linea di tendenza. L’enigma è qualcosa che ci pone nella condizione di pensare, di elaborare delle congetture, di ricreare una verità parziale sulla base delle nostre conoscenze.
 T.S. Eliot considera la necessità di un poeta di essere parte di un sistema evolutivo, la sua analisi è simile a quella che abbiamo visto per la musica quando afferma che "il senso storico costringe un uomo a scrivere non solo con la sua generazione nelle ossa, ma con la sensazione che l'intera letteratura europea, da Omero e in essa tutta la letteratura del suo paese, abbia un'esistenza simultanea e compone un ordine simultaneo.[6]
Sempre Dylan risponde con parole che potremmo definire simili: Penso davvero di aver portato la cosa ad un altro livello perche’ ho dovuto farlo. Perche’ sono stato obbligato a farlo.
Devi ridare forma alle cose in continuazione perche’ tutto continua ad espandersi intorno a te. La vita ha il suo modo di diffondersi. E’ nella natura dell’esistenza. Niente resta a lungo dov’è. Gli alberi crescono, le foglie cadono, i fiumi inaridiscono e i fiori muoiono. Persone nuove nascono ogni giorno. La vita non si ferma.
L a mia chiamata non è diversa da quella di chiunque altro. Alcuni son chiamati ad essere buoni marinai, altri ad essere buoni contadini, altri ad essere buoni amici. Devi dare il meglio in qualsiasi cosa tu sia chiamato, qualsiasi cosa tu debba fare. Devi essere il migliore nel tuo campo, devi perfezionarti. E’ una questione di fiducia nei propri mezzi, non e’ arroganza. Devi sapere che sei il migliore, che gli altri te lo dicano o no. E che tu resterai, in un modo o nell’altro, più a lungo di chiunque altro. Da qualche parte che devi trovare dentro di te, devi credere che sia così.
il linguaggio biblico fornisce ancora ispirazione alle  mie canzoni, certo, che altro ci potrebbe essere. Credo nell’Apocalisse. Credo nella Rivelazione, no? C’e’ della verita’ in tutti i libri, in un qualche modo. Confucio, Sun Tzu, Marco Aurelio, il Corano, la Torah, il Nuovo Testamento, i sutra Buddisti, il Bahagavad-Gita, il Libro dei Morti egiziano e migliaia d’altri. Non si può vivere senza leggere dei libri[7]
Tempest dunque in modo molto esplicito trae ispirazione anche dalla musica, oltre che del teatro, dalla Bibbia e dalla narrativa.
Dunque perché Tempest. La prima considerazione è perché vi è una canzone che si intitola Tempest al proprio interno. La cosa non è molto scontata perché Dylan non utilizzava il titolo di una canzone per dar nome a un album di canzoni sue (vi è l’eccezione di world gone wrong)  da circa una trentina d’anni in cui tutti i dischi del cosiddetto periodo religioso da  Slow train (per la verità con coming del disco) a Saved e  Shot of Love riprendono una title track.

E’ già comunque abbastanza difficile capire perché la canzone si chiami Tempest, visto che il Titanic non è affondato a causa di una tempesta.
Alla domanda se Tempest si debba collegare in qualche modo a The Tempest di Shakespeare che è l’ultima opera che lui scrisse singolarmente, Dylan ha risposto che sono già due cose diverse nel titolo. Le immagini che possiamo però ricavare dalle rappresentazioni del dramma di Shakespeare ci introducono comunque sul episodio di una nave che sta affondando.
La tempesta (The Tempest) è una commedia teatrale in cinque atti scritta tra il 1610 e il 1611
Il dramma, ambientato su di un'isola imprecisata del Mediterraneo racconta la vicenda dell'esiliato Prospero, il vero duca di Milano, che trama per riportare sua figlia Miranda al posto che le spetta, utilizzando illusioni e manipolazioni magiche. Mentre suo fratello Antonio e il suo complice, il Re di Napoli Alonso stanno navigando per il mare, in ritorno da Cartagine, il mago invoca una tempesta, che rovescia gli incolumi passeggeri sull'isola. Attraverso la magia e con l'aiuto del suo servo Ariel, uno spirito dell'aria, Prospero riesce a tirare fuori la natura bassa di Antonio, a redimere il Re e a far innamorare e sposare sua figlia con il principe di Napoli Ferdinando. La narrazione è tutta incentrata sulla figura di Prospero il quale, con la sua arte, tesse delle trame in cui costringe gli altri personaggi a muoversi.
Si è voluto vedere anche un riferimento di Prospero al teatro quando questi dichiara che il mondo intero è un'illusione (il grande globo si dissolverà come questa cerimonia inconsistente). Molti critici hanno visto questa costante allusione al teatro come un'indicazione che Prospero dovesse rappresentare Shakespeare stesso: la rinuncia alla magia del personaggio, quindi, simboleggerebbe l'addio alle scene di Shakespeare. In quest'ottica, Prospero è visto come una reincarnazione (l'ultima e più grande) della maschera di Amleto, colui che mette in scena la sua vendetta anziché eseguirla.

Dylan: Tempest e’ stato come tutti gli altri: le canzoni son venute da sole.
Non e’ l’album che volevo fare, pero’. Ne avevo uno diverso in mente. Volevo fare qualcosa di piu’ religioso. Ma ci vuole molta piu’ concentrazione (ad andare a segno dieci volte con lo stesso tema) di quanta ce ne voglia a fare un disco come quello che ho finito per fare; dove tutto scorre e devi solo fidarti del fatto che tutto insieme possa avere una logica.
Io credo che in qualche modo come Modern Times possa essere letto come un omaggio nel titolo a Chaplin anche Tempest possa avere affinità con Shakespeare, entrambi infatti fanno parte del patrimonio letterario  a cui Dylan attinge. Che sia la stessa cosa poi no, come è già stato detto vi è in definitiva sempre una reinterpretazione.









[1] For Henri Cartier-Bresson, human life is a precarious balancing act between two worlds: the one inside us and the one outside. And his photographs, he says, are instant drawings of that act, no more, no less. Which is why, all these years later, his work still bursts with a vitality and visual honesty that are so lacking in today's mannered style
[3]          Galenson, D., Bob Dylan's Not Really a Plagiarist (He's a Conceptual Artist)  citato  in Url http://www.huffingtonpost.com/david-galenson/bob-dylans-not-really-a-p_b_888623.html
[4]          Baricco, A., L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin, una riflessione su musica colta e modernità” Feltrinelli, 2009, pag. 27  
[5]             Caporossi S., Il surrealismo e la psicanalisi della produzione e della fruizione artistica secondo Kris e Gombrich https://criticaimpura.wordpress.com/tag/sigmund-freud/
[6]          Galenson, D., Bob Dylan's Not Really a Plagiarist (He's a Conceptual Artist) in URL (http://www.huffingtonpost.com/david-galenson/bob-dylans-not-really-a-p_b_888623.html)
[7] Bob Dylan Rolling stone interview 2012

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